A GIUSEPPE GIACOSA


Così! Così! la tua Parella1,
la casa tua, la tua Maria...
 Così la morte è bella:
  non è partire, è non andar più via.
Cantò tutta la notte un coro
di trilli arguti e note gravi;
 e il plenilunio d’oro
  splendé sul letto dove riposavi.
All’alba si diffuse un grande
odor nel portico: il tuo chiostro
 fu pieno di ghirlande:
  una diceva: al caro Pin2, ch’è nostro.
Un dono era gentil, di villa.
Ognuno volle dar qualcosa.
 Cambiarono una stilla
  del lor sudore in un bocciol di rosa.
Al Capo le massaie, leste
scendendo al suo passar le scale,
 porsero il soldo agreste,
  il candido ovo che si dà pel sale.
E tu con tutti loro a schiera
scendesti tra le verdi siepi
 alla tua chiesa; e c’era
  un odor di sepolcri o di presepi,
e il suono del dolore in pace,
che vuole diventar più tanto,
 che s’ama, che si piace,
  c’era il singhiozzo che ritrova il pianto.
E tutti in pianto e tutti al pianto
soave delle tue campane,
 mossero: andava accanto
  ai contadini il loro vecchio cane.
E tu giungesti alle tue genti
già presso al dolce mezzogiorno.
 Sotto rosai pendenti
  entrasti. I verdi faggi erano intorno.
La falce aperto avea di primo
mattin tra l’alte erbe guazzate
 la via. La menta e il timo
  rendean per tutto buon odor d’estate.
E tu restasti. Non si muore
così. Così, mio buon fratello,
 si resta. Al tuo gran cuore,
  Fermati! forse tu dicesti: Č bello!...

1 Quando Giacosa ci nacque il comune associava i due paesi Colleretto-Parella; oggi si chiama Colleretto Giacosa
2 Diminutivo di Giuseppe, con cui gli amici chiamavano Giacosa